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CNR Comunicato 26 aprile 2022 L’ARAN, senza volere, dimostra che i R&T non sono soggetti al badge

 

 

Recentemente l’ARAN è intervenuta nuovamente in merito alla possibilità di imporre anche ai R&T degli EPR la rilevazione della presenza in servizio attraverso l’utilizzo del badge con un parere finalizzato a dimostrare che i R&T non sono esclusi da tale obbligo.

Ad avvalorare tale parere, l’ARAN afferma che “La legge 724/1994, che ha introdotto l’utilizzo di sistemi automatizzati di rilevazione della presenza in servizio, all’art. 22, comma 3 stabilisce che «l’orario di lavoro, comunque articolato, è accertato mediante forme di controllo obiettivo e di tipo automatizzato». Tale previsione costituisce quindi un obbligo per tutti i dipendenti pubblici per i quali la normativa contrattuale stabilisce un debito orario ordinario”. “Oltretutto”, conclude l’ARAN, “la rilevazione automatizzata delle presenza è finalizzata anche ad altre esigenze come, ad esempio, quella di sicurezza, di copertura assicurativa INAIL e di attribuzione del buono pasto”.

Ma, a ben leggere il parere dell’ARAN, ci si rende conto immediatamente che sono proprio le motivazioni addotte dall’ARAN a dimostrare che i R&T non sono assoggettabili a sistemi automatizzati di rilevazione della presenza in servizio. Infatti:

  1. L’ARAN fa esplicito riferimento alla sola legge 724/1994 per cercare di dimostrare che anche i R&T sono soggetti a forme di controllo obiettivo ed automatizzato dell’orario di lavoro come tutti i dipendenti pubblici soggetti ad un orario di lavoro, senza però menzionare alcuna specifica norma contrattuale: consapevole, quindi, che l’art. 80 del CCNL del 1998 (stipulato per i R&T in Area Dirigenziale 4 anni dopo la citata legge 724/1994) ha esplicitamente disapplicato tutte le precedenti norme contrattuali (in ultimo l’art. 39 del dpr 171/1991) che imponevano l’uso del cartellino anche ai R&T e che i successivi contratti non hanno inserito alcun obbligo del cartellino per i R&T. Ma l’ARAN mostra anche di ignorare che la Cassazione Civile (con le sentenze n. 3298/1994 e n. 11025/2006) ha “stabilito il principio che per i dipendenti pubblici l’obbligo di adempiere alle formalità prescritte per il controllo dell’orario di lavoro deve discendere da apposita fonte normativa legale o contrattuale” e che non è sufficiente una norma di tipo generale, quale è l’art. 22 della legge 724/1994, per introdurre tale obbligo. Principio più recentemente confermato anche dalla Corte di Appello di Bologna con la sentenza n. 435/2015.
  2. L’ARAN invoca esigenze legate alla “sicurezza” e alla “copertura assicurativa INAIL senza però citare alcuna specifica norma di legge o contrattuale che avvalori tale affermazione. E ciò semplicemente perché non esiste alcuna norma di legge o contrattuale che imponga l’uso del cartellino per il rispetto della sicurezza sul posto di lavoro o per la copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni. D’altronde, se così non fosse, tutti i magistrati e i docenti universitari, nonché anche tutti i Dirigenti e Direttori del CNR, non rispetterebbero la normativa in materia di sicurezza e non sarebbero coperti dall’assicurazione INAIL!
  3. L’ARAN, in chiusura, afferma che l’uso del cartellino è finalizzato anche alla attribuzione del buono pasto”. E dicendo ciò l’ARAN fa un clamoroso autogol perché il comma 6 dell’art. 5 del CCNL del 2002 stabilisce che al solo “personale dei livelli III – I la consegna dei buoni pasto avviene sulla base di apposite dichiarazioni del dipendente di effettuare l’orario di lavoro” superiore alle sei ore, con la relativa pausa. Nessun cartellino, quindi, per ottenere i buoni pasto, ma solo una dichiarazione del singolo Ricercatore e Tecnologo. Dichiarazione non prevista invece per il personale tecnico ed amministrativo per il quale invece sussiste l’obbligo del cartellino.

L’assenza quindi, nel parere dell’ARAN, dell’indicazione di una specifica fonte normativa o contrattuale e di un qualsiasi altro fondamento giuridico conferma che i R&T non sono soggetti a sistemi automatici di controllo dell’orario di lavoro.

È opportuno inoltre sottolineare che l’eventuale introduzione di sistemi di controllo dell’orario di lavoro dei R&T attraverso contratti collettivi integrativi è esplicitamente preclusa dalla Cassazione Civile che (vedi sentenze n. 9146/2009 e n. 14530/2014) ha stabilito che “la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, restando escluso che le pubbliche amministrazioni possano assumere obbligazioni in contrasto con i vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali”, “con la conseguenza che le clausole difformi [ai CCNL] sono nulle e non possono essere applicate”. Solo “per gli Enti […] la cui attività si lega ad eventi eccezionali ovvero a scadenze istituzionali” è possibile introdurre, come previsto dall’art. 21 del CCNL del 2006, forme di disciplina della presenza in servizio dei Ricercatori e Tecnologi attraverso lo strumento della concertazione.

Va infine evidenziato che la disciplina dell’orario di lavoro dei R&T è stata di recente ampiamente chiarita dalla Corte d’Appello di Bologna (sentenza n. 435/2015) anche alla luce del comma 7 dell’art. 58 del CCNL del 2002: “Le parti si impegnano a costituire, dopo la sottoscrizione del presente CCNL, una apposita Commissione paritetica con il compito di esaminare la possibilità di introduzione in via sperimentale di ulteriori modalità di gestione dell’orario di lavoro di cui al comma 1” (ovvero l’orario di 36 ore medie settimanali nel quadrimestre). La Corte d’Appello ha, in particolare, affermato che, “in base al tenore letterale dell’articolo 58 C.C.N.L., deve ritenersi non solo che i ricercatori e tecnologi abbiano l’autonoma determinazione del proprio tempo di lavoro ma che sia, correlativamente, esclusa l’introduzione di forme di disciplina dell’orario di lavoro e di controllo sull’osservanza dello stesso, salve le eventuali determinazioni di una costituenda commissione paritetica”.

Vale a dire che, sino a quando non verrà costituita la prevista Commissione paritetica e sino a quando quest’ultima non assumerà le proprie determinazioni, le modalità applicative o di gestione dell’orario di lavoro di 36 ore medie settimanali nel quadrimestre potranno essere solo e soltanto quelle indicate nelle disposizioni contrattuali dell’art. 58 del CCNL del 2002 (così come integrato dall’art. 21 del CCNL del 2006), non essendo consentito all’Ente di regolamentare l’orario di lavoro dei R&T con circolari o altre disposizioni che introducano modalità ulteriori rispetto a quelle espressamente previste.

E ciò vale – riferendosi il comma 7 dell’art. 58 alle “modalità di gestione dell’orario di lavoro di cui al comma 1“ – per tutti gli istituti contrattuali previsti dall’art. 58 del CCNL del 2002, ivi compreso lo svolgimento dell’attività al di fuori della sede di servizio, che non può essere disciplinata dal CNR con disposizioni specificative o integrative che, ad esempio, ne limitino l’utilizzo nel tempo e nello spazio. La previsione di costituire “una apposita Commissione paritetica con il compito di esaminare la possibilità di introduzione in via sperimentale di ulteriori modalità di gestione dell’orario di lavoro” indica infatti, molto chiaramente, da un lato, la volontà delle parti di integrare la disciplina contrattuale già concordata alla sola condizione che, di comune accordo, ciò sia ritenuto “possibile” e, dall’altro, la volontà di riservare solo e soltanto ad un’apposita Commissione l’individuazione di modalità ulteriori e differenti rispetto a quelle previste, le quali pertanto dovranno nel frattempo essere tenute ferme e rispettate in ogni loro parte e senza possibilità di disciplina da parte dell’Ente con disposizioni di dettaglio specificative o integrative.

Da ciò consegue che le “apposite modalità predisposte dall’Ente” previste nella Circolare 16/2019 del CNR non possono in alcun modo includere sistemi automatici di rilevazione della presenza e che le restrizioni introdotte dal CNR all’attività fuori sede, in particolare con la Circolare n. 32 del 2017, sono palesemente illegittime, come ripetutamente affermato in nostri Comunicati e lettere (si vedano, ad esempio, i Comunicati del 24 marzo 2016 e dell’8 giugno 2020).

 

Gianpaolo Pulcini

Responsabile Nazionale FGU-DR-ANPRI CNR

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One Thought to “CNR Comunicato 26 aprile 2022 L’ARAN, senza volere, dimostra che i R&T non sono soggetti al badge”

  1. […] e diffusa dimostrazione sulla base di norme contrattuali e numerose sentenze (si veda per ultimo il Comunicato del 26 aprile scorso). Crediamo che oramai solo in pochi nel CNR (i vertici amministrativi, ad esempio, che non […]

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