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CNR: Comunicato 8 giugno 2022 Sconcertante!  Un Responsabile di Sede perde le cause e in modo subdolo cerca di farsi giustizia da sé!

 

 

Ricordate il caso del Ricercatore che, aderendo ad una delle storiche e più importanti battaglie sindacali dell’ANPRI, fu licenziato perché non utilizzava il sistema automatico di rilevazione delle presenze? La vicenda ebbe presto un lieto fine, come scrisse Articolo 33 e come riportato in tanti nostri Comunicati, ma da allora quel Ricercatore non ha comunque pace all’interno del suo Istituto.

Subito dopo la prima vittoria e la reintegra in servizio disposta d’urgenza dal Giudice, il Direttore che lo aveva licenziato pensò bene di fargli una verifica negativa per il passaggio di fascia stipendiale, contestando una serie lunghissima di negligenze, ivi comprese le infrazioni disciplinari relative alle sanzioni annullate solo tre mesi prima dal Giudice. Un Ricercatore che lavorava al CNR, e che sino ad allora aveva sempre ricevuto verifiche positive, viene improvvisamente dipinto come indisciplinato e fannullone.

L’atto di verifica fu ovviamente immediatamente contestato e impugnato dal Ricercatore nelle sedi competenti e attualmente si sta svolgendo il giudizio davanti alla Corte di Cassazione. Nel frattempo, proseguiva anche il processo per il licenziamento ingiusto e sia il Giudice di primo grado che il Giudice di appello condannavano, in entrambe le sedi, il Direttore e, contestualmente, annullavano l’ordine di servizio che nell’Istituto aveva introdotto la rilevazione elettronica delle presenze, stabilendo che “in base al tenore letterale dell’articolo 58 C.C.N.L., deve ritenersi non solo che ricercatori e tecnologi abbiano la autonoma determinazione del proprio tempo di lavoro ma che sia, correlativamente, esclusa l’introduzione di forme di disciplina dell’orario di lavoro e di controllo sull’osservanza dello stesso, salve le eventuali determinazioni di una costituenda commissione paritetica“.

La sentenza della Corte d’Appello non fu ulteriormente impugnata e, di conseguenza, ha acquisito l’effetto di regolare in via definitiva la controversia con il Ricercatore. È passata, come si dice, in giudicato.

Ci si aspetterebbe, da parte dell’Ente, un comportamento conforme alle sentenze dei Giudici. Ma non è così nel caso del nostro Direttore, divenuto ora Responsabile della stessa Sede, che sembra proprio non voler accettare di perdere le cause e … di riffa o di raffa, presto o tardi, in un modo o in un altro, vuole comunque averla vinta. E pur di averla vinta ha escogitato un modo subdolo per costringere il Ricercatore ad utilizzare il sistema automatico di rilevazione delle presenze senza ricorrere nuovamente ad illegittimi ordini di servizio.

Ed infatti, in una riunione con tutto il personale, convocata per la presentazione delle modalità di utilizzo del sistema ePAS, il Responsabile di Sede chiede al Ricercatore di utilizzare il sistema automatico per la registrazione delle sue ore di lavoro: si badi bene, non come disposizione di servizio, ma semplicemente come una sua collaborazione al buon funzionamento dell’Istituto. E la stessa richiesta viene subito dopo ribadita da tutti i colleghi.

Non sappiamo dire, al momento, se siamo davanti ad una palese violazione della sentenza oppure ad un comportamento datoriale sostanzialmente elusivo della stessa. In ogni caso, questo comportamento non è lodevole per un funzionario pubblico!

È invece evidente quanto sia strumentale il pretesto del buon funzionamento dell’Istituto, considerata – se non altro – la floridissima situazione dell’organico della Sede in questione, ove lavorano ben 4 unità di personale tecnico e amministrativo e solo 5 Ricercatori dell’Ente, ivi compreso il Responsabile. Una situazione più unica che rara nel CNR e sicuramente tale da escludere che il buon funzionamento dell’Istituto possa essere compromesso da un ricercatore che non timbra per via del riconoscimento di un suo diritto da parte del Giudice!

E nella vicenda sconcerta anche il modo, a dir poco sleale, con cui il Responsabile di Sede afferma davanti a tutti i colleghi che il suo altro non è che un “gentile invito a collaborare per il buon funzionamento dell’ufficio“!

Ma è proprio così? Si tratta davvero di un invito innocente e senza occulte conseguenze dannose per il Ricercatore?

A guardare bene negli atti del processo ancora in corso sulla verifica negativa, l’allora Direttore, e ora Responsabile di Sede, si è difeso sostenendo che, ai fini della verifica, va valutata anche l’incidenza sul buon funzionamento dell’Istituto del comportamento non collaborativo del Ricercatore che non timbra!

Ma come? Il Giudice riconosce, con sentenza definitiva, il diritto (sancito da leggi e contratti) di non timbrare ma poi, per avere una verifica positiva dal suo Direttore, quel Ricercatore deve fornire una collaborazione che consiste proprio nel rinunciare a quello stesso diritto? “Non sarà certo un Giudice ad impedirmi di far timbrare quel Ricercatore”, sembra essere il pensiero del Responsabile di Sede! Basta trovare il modo per aggirare l’ostacolo!

Non sappiamo cosa accadrà alla prossima verifica qualora il Ricercatore in questione continuerà a pretendere il rispetto della sentenza passata in giudicato da parte del suo Responsabile di Sede. Ma a noi viene da domandarci se i suoi colleghi sono coscienti delle illegittime finalità ritorsive che le stesse richieste di collaborazione al buon funzionamento dell’Istituto potranno avere in futuro, anche nei confronti di altri Ricercatori e del personale tecnico e amministrativo.

Che dire a conclusione di questa lunga brutta storia che è ancora lungi dall’essersi conclusa?

Al Ricercatore auguriamo sinceramente di restare in buona salute e di non avere a patire malanni per le tante ingiustizie e vessazioni.

Ai colleghi del Ricercatore chiediamo di essere più obiettivi e di rispettare le ragioni di sentenze passate in giudicato.

Al Responsabile di Sede ricordiamo che errare umanum est, ma che perseverare è addirittura diabolico e, in questa vicenda, a noi pare che si stia perseverando da fin troppo tempo. Caro Responsabile di Sede, una volta persa la causa, se ne faccia una ragione e, per cortesia, rinunci a farsi giustizia da sé! Le sentenze del Giudice sono quanto di più progredito una comunità possa avere e, una volta pronunciate con il riconoscimento di un diritto, vanno rispettate da chi perde le cause e onorate da chi le cause le vince. Invitare a farne carta straccia, come ha fatto Lei, è a dir poco irriguardoso nei confronti dei Giudici che con tanto impegno hanno lavorato per un fine di giustizia.

 

Gianpaolo Pulcini

Responsabile Nazionale FGU-DR-ANPRI CNR

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