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Ricerca, Bernini: “Contratto non funziona, non può entrare in vigore ora”

ROMA, 22 novembre – “Il contratto di ricerca non può entrare in vigore ora. Quindi ci sarà una proroga. Così come è stato costruito non funziona. Ci sarà una proroga, ma poi decideremo”. Lo ha spiegato la ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, in audizione sulle linee programmatiche del dicastero, alla presenza delle Commissioni Cultura congiunte.
“L’accesso e l’investimento in formazione superiore non sono solo fattori di competitività del Paese, ma elementi essenziali per ridurre le disuguaglianze socio-economiche e territoriali – ha aggiunto – Non si può migliorare la propria condizione sociale senza avere solide garanzie del diritto allo studio”. Poi la rivendicazione rispetto al Pnrr: “A oggi il MUR ha raggiunto tutti gli obiettivi fino al 2022. Entro la fine dell’anno sono previste 3 ulteriori scadenze, a giugno 2023 un altro target, e ancora 3 scadenze a fine dicembre 2023. Sono state attivate risorse e adottati bandi o provvedimenti di riparto per 9,46 miliardi, di cui 7,09 miliardi già assegnati”. Inoltre la ministra ha ribadito “l’assoluta necessità di potenziare il Ministero dell’Università e della Ricerca, di conservarne l’autonomia seppure all’interno della collaborazione con l’Istruzione che caratterizza i nostri due dicasteri, e di porlo al centro di una rete che opera in sintonia tra industria, imprese, lavoro, cultura e formazione, nel contesto nazionale e internazionale”.
Per Bernini è “inaccettabile che lo studio sia un lusso”, ecco perché con il Recovery plan “ci siamo dati un obiettivo ambizioso: incrementare i posti letto dagli attuali 40.000 a oltre 100.000 nel 2026. Il primo bando per 7500 posti si sta chiudendo in questi giorni per conseguire l’obiettivo di dicembre 2022. A breve partirà una ulteriore iniziativa per altri 52.500 posti”.
“Occorre adesso – ha sottolineato – verificare la capacità del sistema – un terreno lasciato inaridire per troppo tempo – di assorbire in modo adeguato ed efficace le risorse immesse e rendere stabili e sostenibili nel tempo le innovazioni realizzate. Il Pnrr deve diventare sempre più la sperimentazione di un nuovo metodo, che riguarda il monitoraggio e la rapidità dell’attuazione, e la necessaria valutazione di quanto fatto. La cultura della valutazione delle politiche pubbliche consiste nella prova della realtà e nella certificazione delle promesse mantenute. L’errore più grave sarebbe trattare questa novità come episodio isolato, estemporaneo, come una grande opportunità destinata a esaurirsi e lasciare il vuoto dopo di sé. Sarebbe un errore nell’ottica europea, perché è nell’interesse dell’Italia che la condivisione della spesa per gli investimenti produttivi faccia parte del futuro dell’Europa. E sarebbe un errore nell’ottica nazionale, perché la logica del Pnrr va improntata all’innalzamento del potenziale dell’Italia, considerando la sostenibilità e la crescita degli interventi oltre l’arco temporale del Piano, e i cambiamenti profondi che possono innescarsi a livello di sistema”.
Bernini poi ha chiarito: “Il mio Ministero avrà un ruolo propulsivo all’interno dello spazio europeo della ricerca, integrando sempre di più i lavori in ambito europeo con gli elementi nazionali, con una forte impronta innovativa. Una particolare attenzione sarà dedicata alle tecnologie critiche. Penso ai semiconduttori, su cui l’Europa si è data un programma importante, il Chips Act”. E ha aggiunto: “Intendo potenziare la nostra attività su questo tema, per dotare l’Italia dei migliori strumenti per rafforzare le capacità già presenti nelle università e negli enti di ricerca, in particolare nella ricerca applicata. Gli avanzamenti industriali nel settore dei semiconduttori dipendono dalla ricerca. Ed è la ricerca, di base e applicata, il vero motore della sovranità tecnologica. Pensiamo per esempio al carburo di silicio, su cui STMicroelectronics ha annunciato recentemente un nuovo impianto a Catania, con la creazione di 700 nuovi posti di lavoro. Questa tecnologia è stata sviluppata grazie soprattutto al lavoro del CNR di Catania e al Consorzio Nazionale Interuniversitario per la Nanoelettronica: un esempio di come la ricerca possa costituire un’opportunità per il Sud, e contribuire all’occupazione più qualificata. O pensiamo all’intelligenza artificiale, che deve impegnarci su vari fronti. Si va dalla formazione, col dottorato nazionale in Artificial Intelligence che mira a costruire una nuova comunità di giovani ricercatori in grado di dare impulso alla ricerca e all’innovazione industriale e sociale in Italia, alla ricerca di base, ai partenariati e alle infrastrutture di rete. E l’intelligenza artificiale è anche un ambito di cooperazione internazionale, per esempio attraverso il nostro memorandum con la National Science Foundation degli Stati Uniti, che porterà al co-finanziamento (Italia e USA) di bandi dedicati”.
Infine sul nodo del numero chiuso, la ministra ha riflettuto: “A prescindere dal fatto che esiste l’autonomia universitaria, il tema è: ove si decidesse di aprire, mi domando se esista in questo momento una università di strutture in grado di offrire il servizio che l’apertura del numero chiuso porterebbe”. “Questi – ha evidenziato – sono i temi che vengono posti dai rettori. Da ‘chiusi chiusi’ ad ‘aperti aperti’ rischiamo di passare da una patologia all’altra. Il problema però c’è. Dobbiamo trovare una soluzione compatibile con il principio di realtà e con il diritto allo studio che va garantito”. 

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